La ratio del modello di gestione e controllo previsto dal D. Lgs. 231/01 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, società e associazioni): interpretazioni dottrinali circa la sua facoltatività.
A cura della Dott.ssa Barbara Secco
L’introduzione del D.Lgs.231/01 ha permesso il superamento del principio latino “societas delinquere non potest” introducendo tuttavia la possibilità di andare comunque esenti da responsabilità e sanzioni attraverso la predisposizione ed adozione di appositi modelli.
Con tale dettato normativo, infatti, il legislatore ha puntato direttamente al “cuore” delle organizzazioni complesse quali sono le imprese, con l’obiettivo di implementare al loro interno l’adozione di regole di comportamento che orientino l’agire verso la prevenzione ragionevole del rischio-reato e, dunque, in direzione della legalità.
La ratio del D.Lvo 231 è infatti quello di far in modo che siano le stesse imprese ad autoregolmentarsi al loro interno, adottando modelli di gestione e controllo, così da poter godere dell’esenzione di responsabilità ove un singolo commetta un reato nell’interesse o a vantaggio della società stessa.
In tal modo l’ente assume la doppia veste di promotore della legalità e di suo controllore all’interno dell’impresa col vantaggio di ottenere l’esenzione dalla responsabilità: quale maggior garante dell’ente stesso che si autoregolamenta?
Nel D.Lvo si lascia, quantomeno ad una prima lettura degli artt. 6 e 7 e del contenuto della relazione governativa, la facoltà di adottare o meno il modello, pena la mancata esenzione dalla responsabilità.
Parte della dottrina considera infatti l’adozione del modello come un onere da assolvere qualora si intenda andare esente da reati commessi nel proprio interesse o vantaggio.
Secondo un orientamento più recente, invece, tale adempimento sarebbe di carattere obbligatorio soprattutto per coloro che sono chiamati ad amministrare la società: in applicazione del principio di adeguatezza espresso dalla novellata disciplina delle società, ciascuna fase dell’attività sociale dovrebbe essere formalizzata in un procedimento oggetto di valutazioni preventive in ordine alla sua adeguatezza e di continui controlli deputati a verificarne la corretta applicazione.
Ne discenderebbe, così, l’inevitabilità dell’adozione del modello, la cui mancata predisposizione potrà valere come inadempimento degli amministratori in termini di responsabilità e, prima ancora, quale giusta causa di revoca ex art. 2383 c.c., quale grave irregolarità denunciabile ai sensi dell’art. 2409 c.c. e quale fatto censurabile suscettibile di essere segnalato all’organo di controllo ai sensi dell’art. 2408 c.c.
La giurisprudenza civile sembra essersi orientata in questo secondo senso condannando in alcuni casi al risarcimento del danno l’amministratore di una società di capitali, priva del modello di cui agli artt. 6 e 7 d.lgs. 231/2001, per l’importo che la società stessa ha dovuto corrispondere in termini di sanzione pecuniaria per la responsabilità da illecito amministrativo dipendente da reato.
Ecco quindi ancora una volta sottolineata l’importanza dell’adozione di modelli di prevenzione e controllo all’interno degli enti per garantirne il corretto funzionamento ed uno sviluppo migliore rispetto ai casi in cui essi sono privi di tale modello.